sabato 19 aprile 2008

L'importanza dell'amore


Manco a farlo apposta la cisti cominciò a darmi dolore e fastidio. Diventò dura persino trovare posizioni da seduta o da supina, figuriamoci dunque con i rapporti sessuali...

Comunque ero rimasta d'accordo con la mia nuova ginecologa che ci saremmo sentite dopo la visita col chirurgo, anche perché non ci eravamo mai conosciute ed era giusto fissare un colloquio.
Dunque la avvertii che avevo la diagnosi del chirurgo e lei mi dette il numero di telefono del suo studio privato per fissare un appuntamento.

Riuscii ad avere una visita non molto distante, più o meno la settimana seguente.
Andai allo studio, dove trovai una sala d'aspetto ancora più imbarazzante di quella del chirurgo: coppie tutte sbaciucchi e moine che si tenevano per mano, e ovviamente le partner avevano dei pancioni che sembravano mongolfiere.
Stessa storia dell'altra volta: tutte leggevano riviste sulla maternità e sui bambini, mentre io, questa volta, feci finta di leggere interessata una rivista del cavolo per donne frustrate e superficiali (l'unica a disposizione per pancie piatte).

C'era persino una donna dal pancione enorme che, incurante di essere in una sala d'attesa medica, infastidiva tutti con lunghe e noiose telefonate di lavoro. Mi chiesi dunque come mai io conoscessi solo donne incinte subdolamente licenziate o indotte a lincenziarsi, e da dove sbucasse fuori una donna che riusciva ancora a lavorare a quello che mi pareva un bell'ottavo mese abbondante.
Pensai che probabilmente lavorava per lo studio legale del padre (o qualcosa di simile) e mi misi il cuore in pace.

Finalmente mi chiamarono e la tortura di fronte alle future mamme finì.
Ringraziai subito la dottoressa per la gentilezza e la disponibilità dimostrate fino a quel momento e cominciammo la visita con le solite domande di routine:
interventi chirurgici fatti, allergie, malattie ereditarie, tumori in famiglia e bla bla bla.
Io ero piuttosto agitata per la paura di dimenticarmi qualcosa e diedi risposte fin troppo accurate, soprattutto riguardo alle malattie ereditarie e in famiglia, tant'è che la ginecologa si preoccupò un po' della confusione fra tante cose e mi consigliò di prenotare un colloquio con un genetista alla Mangiagalli.
Volle vedere tutti gli esami fatti di recente, anche quelli del sangue, e trascrisse tutto su una scheda.
Mi prescrisse degli altri esami del sangue che secondo lei andavano a completare quelli che mi aveva fatto fare la ginecologa precedente (quella dell'Humanitas) ma non riuscendo a leggere la sua grafia li riporterò quando li avrò fatti e potrò contare su fogli stampati al pc.
Già che c'era mi prescrisse anche l'acido folico (Serengrav) da prendere dopo l'operazione, una volta deciso di cominciare a cercare un figlio.

Anche lei lesse il referto della RMN e poi quello del chirurgo dal quale mi aveva mandata per una diagnosi accurata, ma giustamente volle visitarmi comunque.
Mentre mi spogliavo mi chiese che lavoro faceva il mio compagno. La trovai una domanda un po' isolita, perchè in effetti nessuno me l'aveva mai fatta, ma quando le risposi "operaio specializzato" e lei mi chiese se lavorava a contatto con sostanze tossiche, capii il senso della domanda, che anzi mi aprì un altro mondo del quale dovevo avere paura.
La risposta fu "Sì", il mio compagno lavorava (e lavora) a contatto con sostanze tossiche ma non sapendo dire esattamente quali e il loro livello di tossicità mi raccomandò di portare anche lui alla prossima visita. Il pericolo penso sia chiaro, cioè quello di venire a contatto con sostanze che provocano infertilità maschile.

Mi sdraiai sul lettino e anche lei mi visitò accuratamente, col tatto, con la vista e con l'ecografia interna.
Mentre mi rovistava mi chiese da quanto tempo io e il mio compagno stavamo insieme. Sapevo il motivo di questa domanda, me l'avevano fatta in tanti e tutti per "accertarsi" di un rapporto stabile in vista di una gravidanza, così risposi subito per evitare ciancie: "17 anni" (che poi è la verità, anche se la mia età e il conseguente calcolo lasciano stupiti sempre tutti).
Fece un'espressione sorpresa, poi le si illuminò il viso, e in seguito partirono quelle frasi che mi mandano sempre in brodo di giuggiole come "Ah ma che bello, oggi giorno è una cosa così rara!" ecc. ecc.

In effetti sono molto orgogliosa della nostra storia duratura, anche se come tutte non è stata priva di difficoltà.
In uno dei post precedenti posso aver dato l'idea di un compagno un po' insensibile a causa dei suoi dubbi, proprio quando avrei avuto bisogno di incoraggiamento, ma la verità è che fa fatica ad affrontare le difficoltà, a reagire ad esse con coraggio, ma è una persona dolcissima che amo infinitamente e che invece mi sta molto vicino, soprattutto negli ultimi tempi.

Finita la visita vera e propria, il parere della ginecologa fu lo stesso del chirurgo: utero setto completo.
La cisti beh, quella era già sicura.
Cercai dunque di sapere in cosa consistesse quest'operazione. Non mi disse molto, ma mi tolse subito l'illusione del day hospital, a suo parere impossibile visto il tipo di intervento. "Ci vorranno due o tre giorni in ospedale e poi dovrà riguardarsi un po' a casa" mi disse.
E infine mi tolse anche la seconda illusione, quella di non subire tagli. Io immaginavo potessero entrare dalla vagina, qualcosa di simile a un raschiamento, invece appresi che mi aspettavano un paio di buchi.
Pensò di rassicurarmi dicendomi che avrebbe fatto il possibile per essere presente in sala operatoria. Apprezzai molto il gesto ma non servì a tranquillizzarmi più di tanto: era un'operazione impegnativa, più di quanto avevo creduto fino a quel momento.
Quello che dovevo fare era solo attendere la telefonata dell'ospedale...

Per fortuna, il mio compagno si rilassò ogni giorno di più. Visti i miei problemi non volle certo illudersi di diventare un giorno papà ma per lo meno comiciò a pensarci, vedendo sempre di meno la prospettiva come qualcosa di cui avere paura. E soprattutto diventò sempre più premuroso, dolce e comprensivo.
Ora sapevo (o per lo meno speravo) che avrei potuto contare anche su di lui e sul suo amore.

Continua...

martedì 1 aprile 2008

La svolta?




Decisi quindi che avrei portato avanti questa indagine in tutti i modi e che avrei fatto qualsiasi cosa per vincere questa battaglia, anche da sola.

Ora volevo e dovevo concentrarmi sulla cisti all'ovaio e sulla malformazione all'utero, quindi cancellai l'appuntamento che avevo da lì a pochi giorni con la dietologa e andai a fare gli esami del sangue specifici per la cisti. Già che c'ero feci anche quelli per la dietologa anche se per un po' non ci sarei più andata.

Passarrono circa 10 giorni prima che mia sorella riuscisse a contattare questo ginecologo. Era a sciare non so dove all'estero (bella la vita eh?).
Fortunatamente gli dette il nominativo e il contatto di una ginecologa della Mangiagalli, che aveva tutta la sua stima, specializzata in patologie della gravidanza. Una donna che fortunatamente mia sorella aveva già conosciuto in un'altra occasione e alla quale quindi telefonò subito per anticipare la questione.
Il giorno dopo le telefonai io ed ebbi subito l'impressione di parlare con una persona gentile ma decisa, quindi sensibile ma che sapeva il fatto suo.
Mi disse subito che la cosa migliore era farmi fare prima una diagnosi precisa da un chirurgo della Mangiagalli del quale si fidava molto e mi dette diverse indicazioni per contattarlo.
Ci misi un po' a prendere un appuntamento con lui, anche perchè persino le visite private alla Mangiagalli sono ardue da prendere. Infatti, se fosse stato per la Mangiagalli, io a quest'ora aspetterei ancora la visita. Mi avevano infatti fissato l'appuntamento per il 15 aprile (e oggi è il 1°).
La ginecologa, impetosita, contattò lei personalmente il chirurgo, riuscendo a sbrogliarmi da quest'inghippo.
In pratica questo chirurgo riceveva privatamente anche presso uno studio, dove la lista d'attesa era tutta un'altra cosa.
Ebbi l'appuntamento per la settimana successiva.

Andai alla visita un po' agitata ma sollevata. Finalmente avrei ricevuto i chiarimenti che aspettavo da mesi.
In sala d'aspetto c'erano tutte donne incinte e non nascondo che provai invidia, gelosia e una profonda tristezza nel guardarle. Mi chiedevo se anch'io avrei mai avuto quella pancia ovale che racchiude un corpicino, se avrei mai provato questa gioia.
Tutte leggevano riviste come Io e il mio bambino, Donna & mamma o Insieme. Io ero l'unica a sfogliare svogliatamente una rivista di arredamento. E mi sentivo osservata. Fuori luogo.
Poi arrivò una donna senza pancione, anzi scheletrica, con due borse nere sotto gli occhi degne di uno zombie. Immaginai quella povera donna piangere giorno e notte per aver perso il suo bambino. E lì mi resi conto che non ero io quella che stava peggio.

Finalmente arrivò il mio turno.
Il ginecologo mi sembrò subito gentile e professionale.
Prima della visita mi fece molte domande e visionò il referto della RMN. Lui addirittura non infilò nemmeno il Cd-Rom nel Pc, ma la visita che mi fece poi fu talmente accurata che la cosa non mi preoccupò.
Quando infilò la sua mano dentro di me, avvolta nel guanto di lattice bianco, mi ricordai improvvisamente il perchè volevo così tanto una donna come ginecologo. Mi perlustrò attentamente e mi sentii un animale da stalla. Insomma mi ispezionò in modo medico, che va bene intendiamoci, ma senza tenere troppo conto del dolore che poteva provocarmi. Più come un veterinario che come un ginecologo. E questo una donna non l'avrebbe mai fatto.
Mi disse che il dolore che sentivo però, gli faceva sospettare un'endometriosi, termine che da subito non mi sembrò affatto rassicurante.
Poi mi fece la solita ecografia interna ma mi accorsi subito che il macchinario che aveva a disposizione era di qualità decisamente superiore a tutti quelli che mi era capitato di vedere fino a quel momento.

Le sue diagnosi furono uno shock per me. Non sapevo se essere contenta o disperata.
Infatti, secondo lui la cisti all'ovaio era di addirittura 5 cm e il mio non era un utero bicorne bensì un utero setto completo (vedi classe V del link). Questo voleva dire che io non avevo il 60% di possibilità di portare a termine una gravidanza, ma molto meno! Il 10%, con un agghiacciante 90% di abortività.
La consolazione però, se così si poteva chiamare, era che molto probabilmente avrei potuto operarmi, cosa che sarebbe stata impossibile in presenza di un utero bicorne.

Io però, influenzata e spaventata dalle parole del maniaco delle anoressiche, gli manifestai le mie paure. Infatti quel ginecologo, a Luglio, mi aveva detto di scappare a gambe levate se qualcuno avesse voluto operarmi.
Ma il chirurgo mi tranquillizzò "Guardi, per me è un utero setto, comunque la sua cisti dermoide va operata e nella sfortuna abbiamo la fortuna di poterne approfittare per l'utero. Infatti, visto che già dobbiamo operarla all'ovaio e farle l'anestesia totale, le prometto che andremo anche a ispezionare l'utero con delle microcamere. Se risulterà operabile e se lei vorrà, taglieremo la striscia che divide il suo utero e il suo utero diventerà normale".
Avrei voluto saltare dalla gioia ma tutti questi se e questi ma smorzarono un po' l'entusiasmo. Comunque la prospettiva era decisamente migliore di quanto mi aspettassi.
Accettai subito e mi feci mettere immediatamente in lista per l'operazione.
Il chirurgo mi disse che probabilmente l'ospedale mi avrebbe chiamata prima dell'estate. Mi sembrò molto tempo... Troppo tempo, ma mi spiegò che giustamente la lista d'attesa dava la precedenza a casi gravi, come i tumori per es. e non mi restò che sperare in una tempistica umana.

Continua...