
Manco a farlo apposta la cisti cominciò a darmi dolore e fastidio. Diventò dura persino trovare posizioni da seduta o da supina, figuriamoci dunque con i rapporti sessuali...
Comunque ero rimasta d'accordo con la mia nuova ginecologa che ci saremmo sentite dopo la visita col chirurgo, anche perché non ci eravamo mai conosciute ed era giusto fissare un colloquio.
Dunque la avvertii che avevo la diagnosi del chirurgo e lei mi dette il numero di telefono del suo studio privato per fissare un appuntamento.
Riuscii ad avere una visita non molto distante, più o meno la settimana seguente.
Andai allo studio, dove trovai una sala d'aspetto ancora più imbarazzante di quella del chirurgo: coppie tutte sbaciucchi e moine che si tenevano per mano, e ovviamente le partner avevano dei pancioni che sembravano mongolfiere.
Stessa storia dell'altra volta: tutte leggevano riviste sulla maternità e sui bambini, mentre io, questa volta, feci finta di leggere interessata una rivista del cavolo per donne frustrate e superficiali (l'unica a disposizione per pancie piatte).
C'era persino una donna dal pancione enorme che, incurante di essere in una sala d'attesa medica, infastidiva tutti con lunghe e noiose telefonate di lavoro. Mi chiesi dunque come mai io conoscessi solo donne incinte subdolamente licenziate o indotte a lincenziarsi, e da dove sbucasse fuori una donna che riusciva ancora a lavorare a quello che mi pareva un bell'ottavo mese abbondante.
Pensai che probabilmente lavorava per lo studio legale del padre (o qualcosa di simile) e mi misi il cuore in pace.
Finalmente mi chiamarono e la tortura di fronte alle future mamme finì.
Ringraziai subito la dottoressa per la gentilezza e la disponibilità dimostrate fino a quel momento e cominciammo la visita con le solite domande di routine:
interventi chirurgici fatti, allergie, malattie ereditarie, tumori in famiglia e bla bla bla.
Io ero piuttosto agitata per la paura di dimenticarmi qualcosa e diedi risposte fin troppo accurate, soprattutto riguardo alle malattie ereditarie e in famiglia, tant'è che la ginecologa si preoccupò un po' della confusione fra tante cose e mi consigliò di prenotare un colloquio con un genetista alla Mangiagalli.
Volle vedere tutti gli esami fatti di recente, anche quelli del sangue, e trascrisse tutto su una scheda.
Mi prescrisse degli altri esami del sangue che secondo lei andavano a completare quelli che mi aveva fatto fare la ginecologa precedente (quella dell'Humanitas) ma non riuscendo a leggere la sua grafia li riporterò quando li avrò fatti e potrò contare su fogli stampati al pc.
Già che c'era mi prescrisse anche l'acido folico (Serengrav) da prendere dopo l'operazione, una volta deciso di cominciare a cercare un figlio.
Anche lei lesse il referto della RMN e poi quello del chirurgo dal quale mi aveva mandata per una diagnosi accurata, ma giustamente volle visitarmi comunque.
Mentre mi spogliavo mi chiese che lavoro faceva il mio compagno. La trovai una domanda un po' isolita, perchè in effetti nessuno me l'aveva mai fatta, ma quando le risposi "operaio specializzato" e lei mi chiese se lavorava a contatto con sostanze tossiche, capii il senso della domanda, che anzi mi aprì un altro mondo del quale dovevo avere paura.
La risposta fu "Sì", il mio compagno lavorava (e lavora) a contatto con sostanze tossiche ma non sapendo dire esattamente quali e il loro livello di tossicità mi raccomandò di portare anche lui alla prossima visita. Il pericolo penso sia chiaro, cioè quello di venire a contatto con sostanze che provocano infertilità maschile.
Mi sdraiai sul lettino e anche lei mi visitò accuratamente, col tatto, con la vista e con l'ecografia interna.
Mentre mi rovistava mi chiese da quanto tempo io e il mio compagno stavamo insieme. Sapevo il motivo di questa domanda, me l'avevano fatta in tanti e tutti per "accertarsi" di un rapporto stabile in vista di una gravidanza, così risposi subito per evitare ciancie: "17 anni" (che poi è la verità, anche se la mia età e il conseguente calcolo lasciano stupiti sempre tutti).
Fece un'espressione sorpresa, poi le si illuminò il viso, e in seguito partirono quelle frasi che mi mandano sempre in brodo di giuggiole come "Ah ma che bello, oggi giorno è una cosa così rara!" ecc. ecc.
In effetti sono molto orgogliosa della nostra storia duratura, anche se come tutte non è stata priva di difficoltà.
In uno dei post precedenti posso aver dato l'idea di un compagno un po' insensibile a causa dei suoi dubbi, proprio quando avrei avuto bisogno di incoraggiamento, ma la verità è che fa fatica ad affrontare le difficoltà, a reagire ad esse con coraggio, ma è una persona dolcissima che amo infinitamente e che invece mi sta molto vicino, soprattutto negli ultimi tempi.
Finita la visita vera e propria, il parere della ginecologa fu lo stesso del chirurgo: utero setto completo.
La cisti beh, quella era già sicura.
Cercai dunque di sapere in cosa consistesse quest'operazione. Non mi disse molto, ma mi tolse subito l'illusione del day hospital, a suo parere impossibile visto il tipo di intervento. "Ci vorranno due o tre giorni in ospedale e poi dovrà riguardarsi un po' a casa" mi disse.
E infine mi tolse anche la seconda illusione, quella di non subire tagli. Io immaginavo potessero entrare dalla vagina, qualcosa di simile a un raschiamento, invece appresi che mi aspettavano un paio di buchi.
Pensò di rassicurarmi dicendomi che avrebbe fatto il possibile per essere presente in sala operatoria. Apprezzai molto il gesto ma non servì a tranquillizzarmi più di tanto: era un'operazione impegnativa, più di quanto avevo creduto fino a quel momento.
Quello che dovevo fare era solo attendere la telefonata dell'ospedale...
Per fortuna, il mio compagno si rilassò ogni giorno di più. Visti i miei problemi non volle certo illudersi di diventare un giorno papà ma per lo meno comiciò a pensarci, vedendo sempre di meno la prospettiva come qualcosa di cui avere paura. E soprattutto diventò sempre più premuroso, dolce e comprensivo.
Ora sapevo (o per lo meno speravo) che avrei potuto contare anche su di lui e sul suo amore.
Continua...